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La necropoli di Tuvixeddu: la collina dei morti alle porte di Cagliari

Una suggestiva area funeraria della Cagliari punica e romana quella di Tuvixeddu, utilizzata dalla fine del VI secolo a.C. alla metà del III secolo d.C., che occupava un intero colle calcareo alle porte della città: la sua importanza è straordinaria, non solo per il carattere monumentale dei sepolcri scavati nella roccia, ma anche per il buono stato di conservazione, nonostante numerose vicissitudini storiche abbiano minacciato di distruggerla.


Nonostante l’intensa attività di cava, che ha lasciato vistose cicatrici come il “canyon” e il “catino”, e nonostante la significativa espansione urbana del Secondo Dopoguerra, la necropoli è ancora leggibile nella sua originaria estensione, tra la via Falzarego, il viale Sant’Avendrace e la via Montello. Gli ottanta ettari iniziali si sono ridotti a poco più di diciotto, cancellati per sempre dagli abusi edilizi e dalla scellerata capacità dell’uomo di distruggere senza rispetto. Ma nonostante tutto, per fortuna, le testimonianze materiali sono ancora impressionanti: sono1793 i sepolcri ad oggi conosciuti.

Il “catino” realizzato dalle esplosioni di cava del Novecento

Di questi 1571 si conservano risparmiati dall’attività estrattiva ed edilizia e 222 risultano compromessi, seppur ancora parzialmente leggibili. Il numero più consistente si trova nella parte più alta del colle, dominata dalla presenza della Villa Mulas, silenziosa custode della necropoli fin dal primo Novecento. Sono 1094 per l’esattezza le tombe ubicate sulla sommità della collina, mentre 477 sono le tombe a valle.

Immediatamente, osservando il colle sia dal basso che dall’alto l’impatto visivo è catturato dalla presenza di buchi nella roccia, che costituivano i pozzi d’accesso alla camera funeraria ipogeica. Proprio da queste cavità – oltre 1200 – prende il nome l’intero colle e, per estensione, la necropoli di Tuvixeddu: “tuvu” significa infatti “buco, cavità”.

La tipologia funeraria più diffusa è infatti la tomba a pozzo con camera ipogeica, spesso arricchite da preziosissime decorazioni scolpite e dipinte che hanno restituito numerosi oggetti di corredo, oggi custoditi al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

La necropoli punica

Dalle pendici occidentali e meridionali la necropoli punica si sviluppa verso la parte centrale del colle. Quel che colpisce è la vicinanza tra le tombe, spesso separate da alcuni centimetri, che appaiono oggi come profonde ferite nella roccia calcarea. Questa veniva estratta con tagli precisissimi, risparmiando sottilissime pareti di roccia che non danneggiavano i sepolcri vicini già esistenti. La distribuzione delle tombe, infatti, è varia, condizionata dalla pendenza del colle che permetteva di scavare più o meno in profondità, e dalla presenza di altri sepolcri esistenti. In generale si cominciò a sfruttare prima la parte alta del colle, per poi giungere a valle, in corrispondenza del Viale Sant’Avendrace.

Pozzi d’accesso alle tombe puniche

L’accesso alla camera ipogeica era assicurato da un pozzo, la cui profondità oscilla dai 2-3 metri fino ai 6-7 metri. Lungo le pereti del pozzo erano presenti riseghe e pedarole per facilitare la discesa, dal momento in cui per la sepoltura era necessario calarsi e calare il defunto proprio in verticale. Raggiunto il pavimento del pozzo, un’apertura rettangolare, chiusa dopo la deposizione con una lastra di pietra, consentiva l’accesso alla camera funeraria, generalmente singola. Meno frequentemente sono attestate camere poste una di fronte all’altra o una sopra all’altra. Internamente la camera presentava nicchie o banconi ricavati o risparmiati durante lo scavo. Alcune sono caratterizzate dalla presenza di affreschi e decorazioni parietali a rilievo, come le cosiddette Tomba dell’Ureo e Tomba di Syd. Probabilmente ogni tomba era contrassegnata da cippi, molti dei quali, oggi custoditi al Museo Archeologico, furono rinvenuti non più in associazione alle sepolture.

Numerosi sono i simboli legati alla morte, colpiti anch’essi o dipinti nelle pareti dei pozzi d’accesso. Tra questi i più diffusi sono la dea Tanit, la principale divinità femminile del mondo punico che rappresentare la forza benefica che neutralizza il male e la morte, il fiore di loto, le gorgoni, il disco solare e la falce lunare cari anche agli Egizi, croci di Sant’Andrea, ecc .

Una sezione interna dei pozzi d’accesso e delle camere ipogeiche a seguito degli sbancamenti

I defunti erano deposti, inumati, sul pavimento o su bassi letti di legno, avvolti in tessuti dei quali è stato possibile in alcuni casi riconoscere l’impronta o rari residui. Tra gli elementi del corredo sono state rinvenute brocche, anfore, piatti e coppe, gioielli, scarabei, armi, rasoi, specchi, uova di struzzo, monete, maschere in terracotta ed amuleti. 

La necropoli in età romana

Con il passaggio della Sardegna ai romani intorno al 238 a.C., i rituali e le tipologie sepolcrali cambiano, come cambiano conseguentemente anche gli spazi della necropoli. La necropoli romana si dispone a valle, lungo il viale Sant’Avendrace, spesso con sovrapposizioni e riutilizzi. La costruzione di un acquedotto nel I secolo d.C. e l’utilizzo della parte alta del colle come cava di blocchi da costruzione, compromette in parte alcuni sepolcri. Tombe a fossa, alla cappuccina e colombari nel I secolo d.C. si uniscono a sepolcri monumentali con prospetti architettonici che si affacciano su una strada alle porte della città. Di questo complesso rimangono purtroppo pochissime testimonianze come la cosiddetta Grotta della Vipera e la Tomba dei Pesci, oggi in parte visibili lungo il viale Sant’Avendrace. Oltre la necropoli, a meridione, edifici impreziositi da pavimenti ornati di tessere bianche e simboli propiziatori segnano il confine tra la città dei morti e la città dei vivi.

Le tombe di Atilia Pomptilla e Vinio Berillo, note come “Grotta della Vipera”

Uno spazio ampio, quindi, la cui estensione, affacciata sulla laguna di Santa Gilla, è soltanto in parte immaginabile, ma che rappresenta ancora oggi una preziosa testimonianza del rapporto tra l’uomo e la morte, da sempre trattata con rispetto e cura, al punto da rappresentare gli spazi del seppellire come vere e proprie città.

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Riferimenti bibliografici

A. Stiglitz, La necropoli punica diCagliari: Tuvixeddu, un colle e la sua memoria

A. Stiglitz, Un colle e i suoi guai: stato attuale delle emergenze archeologiche visibili sul colle di Tuvixeddu

C. Mannoni, L’infinita contesa: la tormentata storia della tutela del colle di Tuvixeddu

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