In Sardegna la vendemmia – chiamata “sa binnenna” o “sa innenna” – rappresenta un vero e proprio rito che sancisce l’incontro tra lavoro, sapere e ingegno e che si esprime nella raccolta dei grappoli lasciati pazientemente a maturare . E’ un momento cruciale ed emozionante, che corona tutti gli sforzi fatti per ottenere un frutto maturo e di qualità.
Sebbene la vendemmia si svolga tra la fine di Agosto e la fine di Ottobre, Settembre nel mondo del vino è il mese che inaugura l’autunno.
Ad influire sul periodo della vendemmia sono parecchi fattori: il clima, il suolo, le scelte degli enologi, gli esiti dei lavori in vigna e così via. Il periodo di riferimento cambia anche a seconda delle uve e dei territori: nel centro e nel nord dell’Italia, ad esempio, la raccolta comincia tra l’inizio e la metà di Settembre, per proseguire, in alcuni casi, fino a Novembre inoltrato. Nel sud, invece, dove il clima è in genere più caldo e secco, si decide di vendemmiare prima. In Sardegna, addirittura, a seconda delle annate particolarmente afose, si comincia a vendemmiare dalla metà di Agosto per evitare che le uve maturino eccessivamente.
Il momento della vendemmia, infatti, deve coincidere con la piena maturità delle uve che hanno raggiunto il giusto equilibrio fra componenti acide e zuccherine presenti nelle bucce e negli acini. Una raccolta prematura darebbe luogo a vini dal sapore più aspro, in quanto la concentrazione degli zuccheri risulterebbe molto bassa. Al contrario, una vendemmia tardiva darebbe vita a vini di sapore eccessivamente dolce o, addirittura, stucchevole, in quanto le componenti acide lascerebbero il posto ad una maggior presenza di zuccheri.
La vendemmia, dunque, richiede il giusto equilibrio e la giusta maturazione, che sono il risultato della pazienza, dell’impegno e della conoscenza della vigna.
Sebbene la tradizione vitivinicola in Sardegna affondi le radici nell’epoca preistorica, la cultura del vino nella nostra regione è relativamente recente. Dopo un lungo passato in cui il vino sardo prendeva il largo per raggiungere il Continente, dove veniva venduto come “vino da taglio” per le sue caratteristiche organolettiche, ritenute poco eleganti e troppo complesse, oggi l’enologia sarda sta conquistando prestigiosi riconoscimenti ed importanti posizioni di mercato.
Grazie al suo clima mite e ai terreni favorevoli, la viticoltura è esercitata in quasi tutte le aree della Sardegna. Qui la combinazione di caldo, venti marini, varietà di terreni ed esposizioni al sole ha da sempre favorito la produzione di uvaggi differenti per caratteristiche strutturali ed organolettiche.
La storia del vino passa attraverso le varie dominazioni che l’isola ha conosciuto nel corso dei secoli: punici, romani, bizantini, spagnoli e piemontesi hanno dato un contributo prezioso nella viticoltura sarda, importando varietà di uvaggi, saperi, tecniche e strumenti che si sono uniti a quelli locali.
Vitigni autoctoni come il Cannonau, il Monica, il Vermentino e il Nuragus sono tra i più antichi e costituiscono ancora oggi l’ossatura della viticoltura sarda. Uve come il Cannonau si prestano alla produzione di grandi vini come il Turriga, il Berteru, ecc. A questi si uniscono la Vernaccia, il Bovale, il Nasco, la Malvasia, il Cagnulari, il Semidano, il Carignano, il Moscato, il Torbato ed il Girò. Le caratteristiche pedoclimatiche del territorio isolano, dunque, sono il vero punto di forza di una terra che, negli ultimi decenni, sta riscoprendo il suo prezioso patrimonio locale grazie al lavoro importantissimo delle cantine, che stanno puntando ad un inserimento nel mercato del turismo in virtù della recente legislazione.
La vendemmia, come si è detto, si lega al momento della raccolta delle uve, a cui, tradizionalmente, prendevano parte tutte le comunità dei villaggi coinvolti. Si trattava, dunque, di un evento sentito, partecipato e celebrato con feste, balli e banchetti. In queste occasioni si stringevano rapporti sociali e si rinnovavano contratti di lavoro e trattative economiche. Per maggiori approfondimenti, puoi leggere il nostro articolo relativo a “Su mesi de Cabudanni: quando Settembre in Sardegna era il primo mese dell’anno”.
Si iniziava molto presto la mattina e ogni famiglia mandava avanti gli uomini e i ragazzi, che precedevano di qualche ora l’arrivo delle donne con i bambini.
Prima del taglio del grappolo, si guardava al cielo e si inaugurava quel momento con un segno di croce.
Era usanza, inoltre, destinare una parte del mosto alla cottura per ottenere la sapa, utile alla preparazione dei dolci dei morti, come “is pabassinos”, che sarebbero stati consumati tra Ottobre e Novembre, in occasione della festa de “is animeddas”.
In Sardegna ogni territorio ha un suo vitigno, fatta eccezione del Cannonau, Vermentino, Monica e Nuragus, che sono praticamente diffusi ovunque.
Il Cannonau è il vitigno più caratteristico della Sardegna, le cui produzioni sono attestate sin dal Medioevo. Le sue terre storiche sono Ogliastra e Barbagia, ma è coltivato anche nei rilievi montuosi della Trexenta e del Gerrei, nelle dolci colline della Marmilla e nelle piane ondulate del Parteolla.
Il percorso alla scoperta del vino sardo per eccellenza passa dalle cantine di Dolianova e Serdiana, di Lunamatrona e Sanluri, poi si dirige nelle campagne del Sarrabus, a Castiadas e Muravera, risalendo verso le origini Jerzu, Cardedu e Ulassai, per poi proseguire più a nord, nelle Barbagie di Ollolai e Nuoro. Luoghi d’eccezione sono in questa zona Orgosolo, Dorgali, Mamoiada e Oliena, patria, quest’ultima, del grande Nepente, reso celebre da Gabriele D’Annunzio.
Nel Mandrolisai, regione più occidentale delle Barbagie, tra Sorgono e Atzara, si coltiva anche il Bovale, oggi un vitigno rinomato, ma per molto tempo ritenuto “popolare”. Un tempo i vecchi vignaioli lo chiamavano “nieddu mandroni” (nero scansafatiche, poltrone) in segno dispregiativo, ma oggi il Bovale è un vitigno di grande rilevanza.
L’altro vitigno rappresentativo della Sardegna, oltre al Cannonau, è il Vermentino. Anch’esso coltivato dal nord al sud dell’isola, questo vitigno trova però le sue zone d’elezione nella Gallura, Anglona e Nurra. Le cantine storiche e più celebri di questo bianco apprezzatissimo che vanta anche una Docg, oltre alla Doc, sono Santa Teresa di Gallura, Olmedo, Arzachena, Sorso, Sennori, Berchidda, Luogosanto.
Sempre nel nord dell’isola si producono il Cagnulari, il Moscato e il Torbato, specialmente nella Nurra e nel Sassarese. Merita un posto speciale la Malvasia, un pregiato vitigno tipico delle regioni della Planargia e Montiferru, che viene vinificato sia nella versione secca che dolce. Comuni d’elezione per la produzione della Malvasia sono Bosa, Scano Montiferro, Tinnura, Flussio e Tresnuraghes.
Poco più a sud, nell’Oristanese, si coltiva la Vernaccia: un vitigno autoctono coltivato fin dall’età nuragica. Le cantine più significative che producono lo squisito vino sono a Oristano, Cabras, Solarussa, Milis e Baratili San Pietro.
Ancora più a sud si trova la zona d’eccellenza del Monica, il rosso più diffuso nel sud Sardegna. La produzione maggiore è fra Cagliari, Iglesias e Oristano. Anche il Nuragus è molto diffuso nel Campidano di Cagliari, in Marmilla, nel Sarcidano, nel Parteolla, nela Trexenta e nel Gerrei. Le cantine di Dolianova, Serdiana, Soleminis, Ussana, Senorbì, Settimo San Pietro e Monserrato sono tra le più attive nella produzione di questi due vitigni.
Nella Sardegna sud-occidentale, in particolare nel Sulcis, si coltiva il Carignano. Si tratta di un vitigno che è cresciuto adattandosi alla perfezione ai terreni calcarei e sabbiosi di Giba, Narcao, Sant’Anna Arresi, Masainas e Santadi.
Quello della vendemmia, in conclusione, è un momento meraviglioso per scoprire la Sardegna e per immergersi nella sua cultura, nella sua storia millenaria e nelle sue tradizioni dal sapore ancestrale.