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Su mesi de Cabudanni: quando Settembre in Sardegna era il primo mese dell’anno

Un mese simbolo di ripresa, di buoni propositi e di nuovi inizi. In Sardegna è chiamato ancora oggi “Cabudanni”, sebbene sia passato tanto tempo da quando Settembre in Sardegna segnava l’inizio dell’anno.

Il nome deriva da “Caput anni”, che nel calendario greco indicava il primo mese dell’anno. La Sardegna, sotto il controllo di Bisanzio dal VI al X secolo circa, risentì inevitabilmente di usanze e tradizioni proprie della porzione orientale dell’impero romano.
Il calendario bizantino ricalcava in sostanza il calendario giuliano, in uso nell’impero romano, differenziandosi solo per la data d’inizio dell’anno e la numerazione degli anni. Nel 462 d.C. si stabilì che l’anno iniziava il 1 Settembre e terminava il 31 Agosto, almeno fino al XVI secolo.
Queste due date scandivano anche i ritmi del raccolto, regolando il lavoro nei campi e le trattative economiche.
I lavori in campagna e le attività dei raccolti venivano avviati proprio in quel periodo, determinando così l’inizio dell’annata agraria.
I giudicati, costruiti sulle ceneri dell’amministrazione e della politica bizantina, conservarono buona parte di questi retaggi, tanto che nella Carta de Logu nella versione di Eleonora d’Arborea del 1392 leggiamo:

Item ordinamus qui nexuna persone non deppiat nen poçat pone fogu infini ad passadu sa festa de Santa Maria, qui est a dies octo de capudanni

Si tratta di una disposizione secondo cui si vietava di bruciare le stoppe, che potevano essere causa di incendi, prima dell’8 Settembre, chiamato appunto “capudanni”.

Sempre la Carta de Logu ci informa di una consuetudine in uso nei campi per evitare il propagarsi degli incendi da un campo all’altro. Si tratta de “sa doha”, una striscia di terreno ripulita dalle erbacce.

Ma cosa è rimasto, oltre al nome, di queste antiche tradizioni agricole?

Tantissimo, in realtà.

Fino a non molto tempo fa, settembre era il mese in cui si rinnovavano i contratti di affitto dei campi, ma anche i contratti con i braccianti che li lavoravano, con i pastori e perfino con le donne di servizio.
Questi ultimi erano chiamati “is giornaderis” perché erano pagati a giornata e, solo nei casi più fortunati, avevano un contratto annuale con il signore proprietario del campo fino al 31 Agosto. Naturalmente il contratto non era scritto, ma suggellato dalla parola, che in Sardegna aveva da sempre un valore molto più forte.

Secondo quanto scrive Francesco Alziator nel suo saggio dal titolo “Il Folclore sardo”, scritto nel 1957, “per i sardi l’anno non comincia a gennaio; esso inizia invece a settembre e solo i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio, e cioè cinque su dodici hanno nomi uguali a quelli usati dalla maggior parte della cristianità; gli altri sette hanno nomi particolari, usati solo nell’Isola e neppure in tutta l’Isola, ma solo in certe zone e talvolta assai limitate. […] Il calendario sardo appare come l’espressione di un popolo essenzialmente dedito all’agricoltura”.

Ed è proprio nell’ agricoltura e nella pastorizia che la Sardegna ha sempre fondato le sue tradizioni la cui origine si perde nel tempo.

Tutt’oggi settembre è un mese di progetti, di programmi e anche di cambiamenti. La scuola, il lavoro, i propositi personali, tutto conosce il sapore e le emozioni dei nuovi inizi.

E tu, che propositi hai per Settembre?

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