Un allontanamento forzato in una terra lontana a causa di un chiacchierato affair con una donna sposata. Fu questa la ragione che portò Salvatore Quasimodo a conoscere la Sardegna e a risiedervi per più di un anno. E come era capitato a tanti altri “viaggiatori”, anche per il poeta siciliano l’incontro con l’isola fu folgorante. Al suo ritorno nel Continente, egli l’avrebbe ricordata con nostalgia, la stessa evocata dalle due poesie che ad oggi si conservano: “Sardegna” e “Spiaggia a Sant’Antioco”. Raccolte nell’ ormai irreperibile saggio intitolato “Per conoscere Quasimodo. Antologia delle opere”, i brani danno una chiara idea di come apparve questa terra agli occhi del poeta modicano.
Era il 1931 quando Salvatore Quasimodo si trasferiva in Liguria per prendere servizio come impiegato del Genio Civile. Già famoso come giornalista e poeta, aveva pubblicato la sua prima raccolta “Acque e terre” grazie alla quale cominciò presto ad inserirsi nei circuiti culturali locali che gravitavano attorno ad alcune riviste, tra cui “Circoli”, per la quale, nel 1932, pubblicò la sua seconda raccolta “Oboe sommerso”.
Ma oltre a dedicarsi alla poesia, il poeta coltivava alcune relazioni amorose con donne che – per sua stessa ammissione – non erano particolarmente avvenenti. Tra queste, però, c’era una donna sposata, con la quale il poeta iniziò una relazione clandestina ma che, ben presto, fu sulla bocca di tutti. La signora era la moglie di un direttore d’orchestra molto conosciuto, il quale riuscì con alcuni escamotages ad allontanare temporaneamente l’impavido poeta dalle grinfie della moglie. Probabilmente nella mente del poveretto albergava la convinzione del famoso detto “lontano dagli occhi…lontano dal cuore”.
Complice qualche conoscenza ai piani alti, il poeta fu quindi “allontanato” dalla Liguria e trasferito a Cagliari per svolgere la medesima attività per conto del Comune. Quasimodo arrivò in città nel Marzo del 1933 e vi rimase fino al Dicembre del 1934. Naturalmente non prese affatto bene questa scelta forzata, definendo lui stesso la sua permanenza in Sardegna come un esilio. Per un poeta già affermato, l’apparente isolamento che la Sardegna sembrava rappresentare si traduceva in un isolamento anche nel campo letterario. Ad alleviare le sue sofferenze, però, ogni tanto giungeva a Cagliari l’amata signora, in modo tutt’altro che poetico. Pare, infatti, che la donna avesse tentato la fuga dal marito più volte per raggiungere il suo amato, ma fosse sempre stata intercettata all’imbarco. Il poveretto puntualmente la riaccoglieva in casa, ma era sempre questione di tempo: la donna tentava sempre una nuova fuga, finchè, semplicemente variando itinerario, riuscì a raggiungere Cagliari. Pur di aggirare l’ostacolo di essere fermata, preferì imbarcarsi su un mercantile da Livorno, anziché sulla prima classe di una nave passeggeri. Ma l’amore, si sa, non conosce barriere!
Nei vari scritti sull’opera di Quasimodo si tende quasi sempre a snobbare il periodo cagliaritano, considerandolo forse poco rilevante per la sua produzione artistica. Eppure in Sardegna egli trovò occasioni di scambio culturale e spunti di suggestione poetica. A Cagliari cominciò ad animare la vita intellettuale dei Caffè, che costituivano importanti luoghi di incontro e di dibattito culturale. Il Caffè Genovese di piazza Costituzione (oggi Antico Caffè) e il Caffè Torino sotto i portici di via Roma erano i suoi preferiti. Qui incontrava puntualmente intellettuali con cui mantenne nel tempo amicizie fraterne: dal poeta “Montanaru” Antioco Casula al giornalista e critico letterario Salvatore Cambosu.
A questo proposito è importante l’amicizia con il poeta e giornalista di Sant’Antioco Giuseppe Susini, autore di numerose antologie come “Dono mattutino”, “Ragionamenti sulla poesia” e “L’amore e gli affetti”. Fu proprio Quasimodo a presentare il giovane poeta sardo a Nello Quilici, direttore del “Corriere Padano“, facendogli iniziare l’attività giornalistica e letteraria proseguita poi con le collaborazioni per riviste e giornali prestigiosi quali “Letteratura“, “Il Resto del Carlino”, “Nuova Antologia“, “Il Mattino“, “L’Unione Sarda” e “Quadrivio“. Per quest’ultima, in particolare, Susini recensì la terza raccolta antologica di Quasimodo “Erato e Apòllìon“.
Nella lunga corrispondenza epistolare tra i due sono presenti confidenze reciproche sulla vita sentimentale e familiare, sull’ attività letteraria e alcune annotazioni di carattere politico.
Esattamente come era capitato a D’Annunzio – che aveva visitato la Sardegna nel maggio del 1882 – anche Quasimodo coltivò il proposito di ritornarvi, senza però riuscirci.
“Sarebbe per me una vacanza; e un altissimo piacere rivedere la tua isola dopo tanti anni”
Così il futuro premio nobel scriveva in una lettera datata 7 Marzo 1950 all’amico sardo, facendo trapelare un sentimento sincero di nostalgia e rispetto.
Il suo legame con la Sardegna, inizialmente terra d’esilio e amarezza, continuò anche a Milano, dove conobbe gli artisti Costantino Nivola (di cui fu anche testimone di nozze) e Aligi Sassu che nel 1960 dipinse un acquarello dal titolo “Salvatore con le sue ammiratrici di Mosca”.
Di seguito le due poesie.
Sardegna
Nell’ora mattutina a luna accesa,
appena affiori, geme
l’acqua celeste.Ad altra foce
più dolente sostanza
soffiò di vita l’urlo dei gabbiani.Mi trovo di stessa nascita;
e l’isolano antico,
ecco, ricerca il solo occhio
sulla sua fronte, infulminato,
e il braccio prova
nel lancio delle rupi maestro.Graniti sfatti dall’aria,
acque che il sonno grave
matura in sale.La pietà m’ha perduto;
e qui ritrovo il segno
che allo squallido esilio
s’esprime amoroso;
nei nomi di memoria: Siliqua
dai conci di terra cruda,
negli ossami di pietra
in coni tronchi.Deserto effimero: in cuore gioca
il volume dei colli d’erba giovane;e la fraterna aura conforta amore.
Spiaggia a Sant’Antioco
Nel fiele delle crete,
nel sibilo dei rettili,
il forte buio che sale dalla terra
abitava il tuo cuore.Tu già dolente al cielo delle rive
ti crescevi crudele il sangue
d’una razza senza legge.Qui dove dorme verde l’aria
di questi mari in cancrena,
affiora bianco scheletro marino.
E tu senti una povera vertebra umana
consorte a quella che il flutto
logora e il sale.Fino a che memoria ti sollevi
a sospirati echi,
dimenticata è morte:
e la candida immagine sull’alghe
segno è dei celesti.
Riferimenti Bibliografici
M. Tondo, Salvatore Quasimodo
R. Salina Borello, Per conoscere Salvatore Quasimodo
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