Possono trovarsi in superficie o sotto terra, sia isolate che in grandi concentrazioni costituite anche da più di 40 tombe. Sono spesso collegate tra loro a formare delle vere e proprie necropoli, con in comune un corridoio d’accesso (detto dromos) ed un’anti-cella spaziosa dal soffitto alto, contrassegnata da una porta, talvolta evidenziata dall’ocra rossa.
Nel suo libro “Viaggio in Sardegna” la scrittrice Michela Murgia afferma che la nostra isola racchiude una bellezza ancestrale, capace di svelarsi nell’incanto della natura.
Ci sono buchi in Sardegna che sono case di fate, morti che sono colpa di donne vampiro, fumi sacri che curano i cattivi sogni e acque segrete dove la luna specchiandosi rivela il futuro e i suoi inganni. Ci sono statue di antichi guerrieri alti come nessun sardo è stato mai, truci culti di santi che i papi si sono scordati di canonizzare, porte di pietra che si aprono su mondi ormai scomparsi, e mari di grano lontani dal mare, costellati di menhir contro i quali le promesse spose strusciano impudicamente il ventre nel segreto della notte, vegliate da madri e nonne. C’è una Sardegna come questa, o davanti ai camini si racconta che ci sia, che poi è la stessa cosa, perché in una terra dove il silenzio è ancora il dialetto più parlato, le parole sono luoghi più dei luoghi stessi, e generano mondi.
La candidatura delle domus de janas, fortemente voluta dall’associazione CeSIM Sardegna e dalla Rete dei Comuni delle Domus de Janas, con Alghero come Comune capofila, è stata sostenuta dalla Regione Sardegna e curata dal Ministero della Cultura in collaborazione con l’Ufficio Unesco, le Soprintendenze, la direzione regionale dei Musei e il Ministero degli Esteri.
Oggi, quei “buchi che sono case di fate” – oltre 2500 in tutta l’Isola- sono stati riconosciuti dal Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Parigi nella sua 47ª sessione, come Patrimonio dell’Umanità. Ma dietro questo riconoscimento si cela molto di più: esiste la cultura di un popolo che, oltre cinquemila anni fa dava vita a progetti grandiosi scolpendoli nella pietra. Sparsi tra le campagne, spesso nascoste alla vista dalla fitta vegetazione, questi antichissimi sepolcri diventano ora un faro per la cultura mondiale.
Le Domus de Janas non sono semplici necropoli scavate nelle roccia affioranti in superficie: sono lo specchio di una civiltà laboriosa ed esperta, che conosceva i significati più reconditi della Madre Terra e li trasformava in rituali e simboli destinati a lasciare tracce evidenti dentro corridoi e camere sepolcrali. Le domus de janas non solo testimoniano l’intimo rapporto tra i vivi e i morti, ma riflettono un’intera cosmologia.
Sono 17 i siti inclusi nel progetto approvato dall’Unesco: