Porta amore, fortuna, salute e prosperità e in Sardegna si prepara nella notte tra il 23 e il 24 Giugno con erbe e fiori raccolti al tramonto e lasciati macerare nell’acqua sotto i raggi della Luna, in modo che questi rilascino nell’acqua le loro essenze e si amplifichino le loro proprietà terapeutiche.
Le origini di questa antica pratica magica si perdono nella notte dei tempi, ma con tutta certezza si legano ai riti popolari del Solstizio d’Estate.
Quando il Cristianesimo si è inserito all’interno delle tradizioni e dei riti pagani – tra cui il Solstizio e l’Equinozio – si è venuto a creare un affascinante mix che ancora oggi lega sacro e profano, mantenendo intatta l’antica magia del rituale. Prima che l’azione scriteriata della Chiesa agisse per scardinare le antiche credenze popolari, pretendendo che queste fossero sostituite da una fede cieca ed assoluta, il Cristianesimo ha attuato un’acuta opera di sincretismo religioso, volta ad assimilare gli antichi rituali e gli antichi saperi atavici all’interno di una nuova ideologia che fosse in grado di includere al suo interno i fondamenti sociali e culturali delle religioni pagane.
Così la nascita di San Giovanni Battista, celebrata dalla Chiesa il 24 Giugno, si è unita alle antiche pratiche magico-rituali del Solstizio d’Estate, che cade nel giorno più lungo dell’anno.
Pertanto, nella notte che precede la nascita di San Giovanni Battista – santo legato al valore salvifico dell’acqua che ha nel battesimo il fondamento della rinascita – si riteneva che la Luna e il Sole si unissero donando alle piante e ai fiori una particolare forza data dalla presenza prolungata della luce che prevale sulle tenebre.
In questo periodo la Natura giunge al massimo splendore, rendendo i poteri terapeutici delle erbe spontanee ancora più efficaci. Ecco perchè alla luce del tramonto del 23 Giugno le sapienti mani femminili si apprestavano a raccogliere fiori ed erbe destinate a preparare la preziosa rugiada degli Dei: l’acqua di San Giovanni.
Claudia Zedda afferma che “Chi preparava l’acqua doveva essere preferibilmente a digiuno e pare che l’efficacia di questa fosse più ampia se i fiori posti in ammollo fossero stati in numero dispari.”
Un’usanza, questa, che affonda radici profonde, sopravvivendo alla forza distruttrice dell’Inquisizione spagnola che ha cercato nei secoli di sradicare ogni residuo di paganesimo in una terra magica e ancestrale.
L’acqua di San Giovanni si prepara per sfruttare la forza e la potenza di piante e fiori intrisi della rugiada degli Dei.
Era credenza comune ritenere che durante la notte di San Giovanni cadesse la rugiada degli Dei, capace di influenzare piante e fiori donando loro una particolare forza: il Solstizio d’Estate sarebbe la porta attraverso cui gli Dei fanno passare i nuovi nati, proprio sotto forma di rugiada.
Per preparare l’acqua di San Giovanni è necessario raccogliere un numero dispari di fiori ed erbe spontanee. Non esiste una vera e propria regola che guida la scelta, generalmente ci si lascia ispirare dal proprio istinto scegliendo tra le specie che si hanno a disposizione, anche nel proprio giardino.
Di solito si raccolgono lavanda, rosmarino, iperico, malva, artemisia, salvia, menta e mentuccia, papaveri, rose e camomilla. Nel rispetto della natura, i fiori raccolti devono essere sufficienti a riempire la base di una piccola tinozza d’acqua, in modo da non impoverire la natura raccogliendo quantità eccessive. Inoltre le piante non devono mai essere estirpate alla radice, ma si devono tagliare soltanto fiori e foglie.
Dopo il tramonto, le erbe raccolte vanno messe in acqua e si lasciano all’esterno per tutta la notte, così che possano assorbire la rugiada del mattino. Le erbe raccoglieranno la rugiada e da essa acquisiranno proprietà magiche.
La mattina del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni si utilizza per lavare mani e viso, in una sorta di rituale propiziatorio e di purificazione che porterà amore, fortuna e salute.
Le foto presenti in questo articolo sono di Gloria Pitzalis, che ringrazio.
Riferimenti bibliografici
Claudia Zedda, Est Antigoriu
Nando Cossu, Medicina Popolare in Sardegna