Durante il XIV secolo l’Europa fu attraversata da profondi cambiamenti che generarono ovunque terrore ed impotenza e che spesso sfociarono in comportamenti fanatici e inusuali. Una delle principali manifestazioni di questo isterismo fu rappresentata da bande di penitenti chiamati “Battenti” o “Flagellanti’.
Si trattava, inizialmente, di sette religiose di stampo cattolico che praticava no l’autoflagellazione pubblica come forma di devozione e penitenza. Di questi gruppi facevano parte numerosi ordini religiosi tra cui i Camaldolesi, Cluniacensi e Francescani e, meno frequentemente, Domenicani. L’autoflagellazione pubblica serviva non solo come pratica religiosa e mortificatrice ma anche come mezzo attraverso cui ottenere da Dio la cessazione di catastrofi, guerre o epidemie.
L’iniziatore di questi gruppi religiosi fu, nella seconda metà del XIII secolo, Ranieri Fasani, un monaco eremita francescano che a Perugia fondò il primo nucleo del movimento, chiamato “Compagnia dei disciplinati di Cristo”. Questo primo gruppo si espanse notevolmente e in breve tempo, coinvolgendo l’Italia centrale, l’Italia Settentrionale, la Germania e la Boemia.
I penitenti erano soliti affrontare pubblicamente pene corporali autoinflitte durante processioni rituali scandite da preghiere e litanie religiose, con lo scopo di dimostrare di immolarsi per una causa più grande: la salvezza degli uomini da eventi nefasti, malattie, guerre ed altre piaghe sociali.
Le processioni dei Flagellanti arrivavano a coinvolgere fino a 10.000 persone di ogni strato sociale, che attraversavano le città mentre i penitenti si percuotevano a sangue con una frusta per espiare i peccati del secolo e preparare l’avvento del regno dello spirito.
Nel 1261,tuttavia, la compagnia conobbe una prima battuta d’arresto a causa del divieto, da parte di papa Alessandro IV, di riunirsi e portare avanti le processioni, ritenute troppo estreme e violente. Ma nonostante il volere papale, molti gruppi di Flagellanti continuarono la loro attività fino alla fine del XIII secolo.
Con lo scoppio della terribile epidemia di peste che sconvolse il XIV secolo, il movimento conobbe una sensibile e vigorosa ripresa che si estese a tutta l’Europa, martoriata dalla catastrofe e dalla crisi di valori che ne derivò. La crudeltà del morbo fu tale da decimare oltre un terzo della popolazione europea, manifestandosi a più riprese. Particolarmente feroce fu l’ondata che si diffuse tra 1347 e 1352, passata alla storia come “Peste Nera” o “Morte Nera”.
E’ evidente, quindi, che di fronte ad una simile ed incontrollata catastrofe l’uomo si sentisse impotente e vedesse vacillare quei valori fino a quel momento coltivati attraverso la fede e la fiducia in Dio e nella Chiesa.
Spesso le risposte venivano cercate fuori dai confini istituzionali della religione, sempre più dominati dall’incertezza e dal timor di Dio, sfociando in comportamenti estremi che sconfinavano nel più totale fanatismo.
In virtù di questa violenza inaudita scatenata dalla peste, anche le regole per aderire alla setta dei Flagellanti diventarono più severe. Chi vi aderiva doveva farlo per almeno 33 giorni (lo stesso numero di anni di quando Cristo fu messo in croce) durante i quali doveva autoinfliggersi pubblicamente durissime penitenze. Solo così avrebbe potuto aspirare alla salvezza eterna.
Coperti da un cappuccio e con la croce sulle spalle, essi si flagellavano pubblicamente cantando salmi e inni religiosi per mezzo di uno strumento – il flagello – utilizzato per l’auto-inflizione di violenza. Si trattava di un bastone dal quale pendevano tre corde con grossi nodi. Questi nodi erano attraversati da spine di ferro incrociate, molto appuntite, che li passavano da parte a parte sporgendo dal nodo stesso. Con questi bastoni, i Flagellanti si battevano il busto nudo, mentre il sangue scorreva verso il basso imbrattando gli abiti, le pareti della chiesa o le strade nelle quali si flagellavano.
Compreso il pericolo imminente collegato all’avanzata di un movimento così estremista che aveva perso di vista il principale scopo della penitenza e della preghiera trasformandosi in una celebrazione della violenza fisica e carnale, anche stavolta la Chiesa si espresse per porre fine a tali eccessi. Nel 1349 fu papa Clemente VI a condannarli, ordinandone l’incarcerazione con l’accusa di eresia. Il movimento fu così stroncato, ma alcuni gruppi risorsero qua e là anche nel secolo successivo.
Nel 1369, in area tedesca, il maestro dell’ordine locale dei Flagellanti, il monaco Konrad Schmidt, fu condannato al rogo per aver proclamato l’abolizione dell’autorità ecclesiastica e la reincarnazione.