La Sardegna condivide l’uso degli amuleti e dei talismani con tutte le culture del mondo, e le origini di questi oggetti si perdono nella notte dei tempi.
Ogni cultura ha dato agli amuleti forme diverse e diversi sono gli utilizzi nelle più svariate situazioni: per proteggersi da un pericolo o una situazione negativa, per buon auspicio, per amore o addirittura per scongiurare una maledizione. Ma non solo: in molte parti della Sardegna, gli amuleti sono anche usati come ex voto per accompagnare i carri processionali di santi particolarmente venerati a livello locale.
L’etimologia della parola è incerta. Potrebbe derivare dal latino a-molior (allontanare), o dal greco amulon, o dall’arabo hamala (portare con sè). In generale per amuleto si intende un qualunque oggetto utilizzato per superstizione, in modo da propiziarsi la fortuna o proteggersi dai mali.
Nell’isola, gli amuleti e i talismani contro le fatture, il malocchio o altre avversità sono diversi a secondo delle finalità e dell’uso.
Nella storia sarda l’ambiguità dell’atteggiamento cristiano nei confronti di tali oggetti, talvolta rifiutati come pagani, ma mai del tutto demonizzati, rende difficile risalire all’uso originario degli amuleti, poiché per alcuni di essi l’aspetto magico-sacrale è entrato pienamente nell’uso comune da non distinguerne più il limite.
E’ il caso, ad esempio de su kokku e sa punga, conosciuti con nomi diversi a seconda delle varie parti dell’isola.
Su kokku o coccu è forse il più conosciuto, perchè entrato a pieno titolo nei gioielli della tradizione sarda. Si tratta di un oggetto regalato ancora oggi non solo per la sua valenza estetica ma anche e soprattutto per la sua funzione protettiva legata soprattutto alla forma tondeggiante, che rappresenta l’occhio “buono” contro quello “cattivo”. Ha il potere di assorbire maledizioni, maldicenze, influssi nefasti, malocchio e di trattenere il male in sé. Ma per essere efficace, dev’essere ricevuto in dono. Non era raro che su coccu venisse donato a famiglie che, per l’assenza di discendenti, erano vicine a sparire. Inoltre, perderlo era una vera disgrazia.
Si tratta di una pietra liscia, nera, in onice o in ossidiana (oppure, più di rado, in corallo rosso) rotonda, contenuta tra due calotte laterali (solitamente in lamina o filigrana d’argento), spesso sorretta da due catenelle.
A seconda della località, lo conosciamo con denominazioni diverse: pinnadellu, kokko, cocco, sabagiu, kokku.
Un altro talismano molto usato nella tradizione sarda è sa punga, un quadrato di tessuto in panno o broccato al cui interno sono contenuti elementi naturali utilizzati con scopi protettivi: grano, semi, cera benedetta, monete, scritti, preghiere, ecc.
A seconda della zona is pungas vengono chiamate anche rezzettas, fortalesas, scrittus, breus e contramazzina.
Rispetto a su kokku, il cui scopo per eccellenza era legato al malocchio, le pungas hanno finalità differenti: possono anch’esse proteggere dal malocchio e scacciare gli influssi malefici, ma anche proteggere le partorienti dall’aborto o dalle complicazioni del parto, gli uomini dall’uso delle armi da taglio o da fuoco, dagli incendi e dai danni al bestiame. Non era insolito, quindi, che pastori e banditi ne avessero una con sè.
A confezionare questi amuleti erano le donne che ponevano all’interno della stoffa ciò che avevano a disposizione. Le suore, ad esempio, vi ponevano all’interno cera benedetta o pezzi di vesti di santi. Queste pungas erano chiamate scapolari.
Le pungas erano personali, cioè venivano confezionate pensando alla persona che doveva riceverle e alla sua storia personale, e non potevano quindi essere prestate. Inoltre non dovevano mai essere aperte, pena la perdita di efficacia.
Sia is kokkus che is pungas venivano realizzate con l’accompagnamento di brebus, preghiere e formule “magiche” a carattere sacro e profano in cui, accanto all’invocazione ad elementi della Natura, quali il sole e la luna, sono presenti riferimenti ai santi taumaturghi.
Riferimenti bibliografici
M. Cannas, Riti magici e amuleti: il malocchio in Sardegna
D. Turchi, Lo sciamanesimo in Sardegna