Lungo la via Sant’Efisio, nel cuore dello storico quartiere Stampace a Cagliari, sorge un antico luogo di culto che la fantasia popolare ha identificato come la cripta di Santa Restituta.
Si accede alla cripta tramite un ingresso rettangolare che conduce ad un’ampia scalinata che porta i visitatori più in basso di 4 metri rispetto al manto stradale.
Al di sopra dell’ingresso, una lapide informa che il luogo fu carcere di Santa Restituta, erroneamente identificata con la madre di Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli nel IV secolo. Eppure l’ipogeo si lega alla Santa soltanto a partire dal ritrovamento delle reliquie nel 1615.
L’ambiente ipogeico è ampio e articolato, conservando in gran parte l’aspetto di una grotta naturale. Colpisce la presenza di i quattro altari, chiaro segnale della conversione a chiesa rupestre dell’ambiente.
La diffusione del culto di Santa Restituta si ebbe, in Italia – in Campania in particolare – in seguito alla persecuzione vandalica avvenuta nel Nord Africa durante il V secolo.
A seguito delle persecuzioni, numerosi vescovi nordafricani furono esiliati in Sardegna poiché considerati ostili e pericolosi per l’unità dell’impero. Molti di loro, con l’intenzione di proteggerle, si incaricarono di portare con sé le reliquie di vari santi e martiri, che provocarono inevitabilmente la diffusione del culto nei vari luoghi interessati dai loro spostamenti. Tra questi, probabilmente, anche le reliquie di Santa Restituta, appartenente ai cosiddetti santi abitinesi, venerati, cioè, nell’Abitinia, una regione del Nord Africa.
La presenza delle reliquie portò quindi alla diffusione del culto della Santa nel Medioevo.
Non sappiamo se il culto si sia mantenuto stabile nei secoli successivi, ma senz’altro ebbe un nuovo vigore in seguito al ritrovamento delle reliquie nel corso del XVII secolo.
A partire da quest’epoca si diffusero, tra l’altro, numerose leggende popolari che vedevano la santa responsabile dell’indottrinamento dei fanciulli, ne proposero addirittura un’origine cagliaritana, e ne legarono la tragica fine alle persecuzioni cristiane del III e IV secolo, come Nerone, Decio e Diocleziano.
Da qui si diffuse la notizia che Santa Restituta fosse stata imprigionata nell’ipogeo e qui martirizzata.
Quella cultuale non è stata l’unica destinazione d’uso dell’ipogeo, frequentato già in epoca nuragica. Esso fu, infatti, cava di calcare in età punica e romana, oltre che luogo di culto negli stessi periodi, e successivamente usato anche come deposito di anfore.
Ulteriori tracce di utilizzo sono datate al XIII secolo, portando a supporre un nuovo periodo di frequentazione a seguito di un probabile lungo periodo di abbandono. Ad attestare l’utilizzo duecentesco dell’area è la parte superstite di un affresco bizantineggiante in cui si riconosce la figura di San Giovanni Battista.
Ma è nel XVII secolo che la cripta assunse l’aspetto odierno, quando furono ritrovate le reliquie della Santa titolare a seguito di una campagna di scavo promossa dall’allora vescovo Francisco D’Esquivel.
Oltre alle reliquie furono ritrovate anche una Madonna Nera – poi traslata nella cappella di Sant’Eusebio nel Duomo di Cagliari – e una statua di fattura copta identificata come la martire nordafricana.
Per volere dell’arcivescovo, dunque, la statua fu sistemata nella nicchia centrale dell’altare maggiore all’interno dell’ipogeo, dando nuovo impulso ad un culto senz’altro già presente.
L’ultima fase d’uso della cripta fu invece assai drammatica, legandosi alla triste parentesi dei bombardamenti anglo-americani della Seconda Guerra Mondiale.
Tra il 1942 e il 1943, infatti, fu utilizzata come rifugio antiaereo, condividendo la stessa sorte di molte altre grotte cagliaritane. In quest’epoca furono scavati alcuni tunnel per ampliare l’estensione del rifugio e permettere di aprire un altro ingresso lungo l’attuale via Azuni.
A ricordo delle angoscianti ore trascorse al suo interno, sono ancora oggi presenti alcune iscrizioni lasciate dai rifugiati, che in un momento così drammatico vollero lasciare un ricordo del loro passaggio. Il 17 febbraio del 1943, proprio sull’uscio della grotta, oltre 90 persone persero la vita, raggiunte da una pioggia di spezzoni incendiati mentre tentarono invano di raggiungere il rifugio.
Una storia affascinante ed articolata, dunque, quella della cripta di Santa Restituta, che ancora oggi a distanza di tanto tempo è in grado di coinvolgere e stupire. Un luogo d’arte, di cultura ma anche e soprattutto di memoria da custodire e tramandare, per non essere mai dimenticata.
R. Martorelli, La circolazione dei culti e delle reliquie in età tardoantica ed altomedievale nella penisola italica e nelle isole
N. Usai, Santa Restituta (Cagliari)
N.Usai, Il San Giovanni Battista della Cripta di Santa Restituta a Cagliari. Studio preliminare di un dipinto medievale